di RAFFAELLA CARDONE
Negli ultimi mesi si è tanto parlato delle cosiddette ‘nozze scandalo’ dei novelli sposi Tony Colombo – cantante neomelodico nato a Palermo – e Tina Rispoli, vedova di Gaetano Marino, ex boss delle Case Celesti di Scampia (una delle piazze di spaccio più fiorenti del quartiere), ucciso dalla camorra in un agguato nel 2012, mentre si trovava con la moglie, i tre figli e due nipoti, presso uno stabilimento balneare a Terracina.
La coppia ha suscitato grande scalpore durante la celebrazione delle loro nozze divenute sul web immediatamente virali, evidenziate dall’hashtag #nozzetrash.
Questi personaggi più volte sono stati ospitati in programmi televisivi trasmessi da varie emittenti nazionali, in cui hanno tentato di giustificare le numerose sequenze di eventi non autorizzati che hanno paralizzato la città di Napoli, uno in particolare organizzato in un giorno in cui si ricordavano le vittime uccise dalla camorra, commemorate in un convegno tenuto al Maschio Angioino.
Accusati di sfarzo ostentato con carrozze trainate da cavalli, corredate da un’apertura del corteo nuziale con esibizione di giocolieri, di blocco della circolazione stradale pubblica sul Corso Secondigliano e di organizzazione di un concerto non autorizzato, tenuto in Piazza del Plebiscito dallo stesso Tony Colombo, dedicato alla sua futura sposa, del quale il Comune di Napoli ha dichiarato di non esserne mai stato informato.
Una serie di violazioni che hanno spinto la Procura di Napoli a indagare. Anche alcune testate giornalistiche di rilevanza locale e nazionale, hanno denunciato e seguito l’episodio in questione attraverso inchieste, tra cui una in particolare definita ‘Camorra Entertainment’.
Taluni avvenimenti emersi dalle inchieste sulle ‘nozze scandalo’ riconducono al 2006, anno in cui è avvenuta una delle più sanguinose faide che ha caratterizzato il quartiere di Scampia e le zone limitrofe.
A quel tempo ero una bambina che osservava sgomenta la vita quotidiana vissuta nel mio quartiere, e oggi, divenuta adulta, ricordo quei momenti bui che hanno visto il luogo in cui abitavo proiettato sugli schermi delle tv e sui giornali. Faide, droga, spaccio, disoccupazione, colpi d’arma da fuco, arresti, blitz, il clan Di Lauro, gli Scissionisti.
Una bambina che si è ritrovata a vivere una guerra tra “cattivi” e l’assenza dei “giusti”, lo Stato, in un territorio dove la criminalità organizzata è “padrona”. Una bambina che nella sua quotidianità, incamminandosi verso casa con la sua cartellina dopo esser uscita da scuola, assisteva, come se si svolgessero su un palcoscenico, a scene pubbliche di spaccio di droga nelle piazze del rione dove i ragazzini si riunivano per giocare. Una bambina impaurita che camminava senza guardarsi attorno, con lo sguardo diretto giù verso terra, dove vi erano più siringhe che cicche di sigarette.
Un quartiere, Scampia, dove si sopravvive non si vive, dove i tassi di disoccupazione sono elevatissimi e le famiglie hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese, in cui la tentazione di superare quella linea sottile che separa il “bene” dal “male” è sempre presente, dove all’improvviso si può morire ammazzati, dove ogni giorno ci si sente meno sicuri.
E mentre sulla rete e in tv si dà spazio a questi personaggi, con un passato a dir poco oscuro alle spalle, quella bambina di Scampia che, come tanti bambini divenuti adulti nei quartieri devastati dalla criminalità organizzata, ai quali hanno rubato la propria terra e il diritto di sognare, è dovuta emigrare per poter sopravvivere.