di GIORGIO LONGOBARDI
Quando determinate ambiguità emergono con una certa prepotenza sconvolgendo l’interlocutore di turno, spetta a quest’ultimo capire, andando oltre le apparenze, se tale atteggiamento può essere frutto di un agire intenzionale o se, invece, è la manifestazione di un condizionamento manifesto. Rapportando una simile osservazione ad una realtà mastodontica come quella della Cina, la percezione generale necessita di un ulteriore sforzo, dato che il retaggio storico della nazione in questione racconta ben altro rispetto a quanto si assiste oggi.
La Cina e l’aggressiva politica interna di Xi Jinping
L’evoluzione del dragone cinese è passata, quindi, da un moderato riformismo ad un pragmatismo vicino al modello imperialista statunitense. Il là verso questa direttrice porta la firma di Xi Jinping, che dal 2012 ha gettato le basi per un ringiovanimento fortemente proattivo. Il consolidarsi, poi, di una visibilità e di un’incidenza oltreconfine di un certo spessore hanno plasmato – di riflesso – delle scelte di politica interna talvolta discutibili e in grado di compiacere una certa egemonia internazionale funzionale al predetto scopo socio-economico. Il tutto, ovviamente, a discapito di specifiche libertà individuali e collettive, come nel caso della censura della diretta della partita di Premier League inglese tra Manchester City e Arsenal a causa di un tweet del centrocampista tedesco (di origine turche) Mesut Ozil a difesa della popolazione uigura.
“In Cina il Corano viene bruciato, le moschee sono state chiuse, le scuole teologiche islamiche, le madrase sono state bandite, gli studiosi religiosi sono stati uccisi uno per uno. Nonostante tutto, i musulmani stanno zitti”.
Un attacco tutt’altro che velato e pesantemente indigesto per la Federazione cinese, la quale ha optato per l’oscuramento del match e l’avallo delle ripetute smentite degli apparati istituzionali.
Uno strisciante timore reverenziale
Mostrare i muscoli, anche solo verbalmente, può indurre profonda soggezione a chiunque vi capiti a tiro. In virtù di ciò, “l’allarmismo” degli Stati Uniti nei confronti di un suo pericoloso competitor sta diventando giorno dopo giorno a dir poco asfissiante, al punto da generare una tremenda psicosi nei riguardi di qualunque elemento esterno. L’ultimo esempio in ordine di tempo interessa l’espulsione di due funzionari dell’ambasciata cinese; sospettati di spionaggio, i due diplomatici avrebbero superato la soglia di tolleranza poiché rei di aver oltrepassato lo sbarramento di una base strategica delle forze speciali nonostante l’espresso divieto della guardia all’ingresso. Insomma, un atto improprio interpretato come un tentativo di perlustrazione dei sistemi di sicurezza della struttura, metafora inconscia di una precaria stabilità interna votata all’individuazione dello spauracchio di turno.