di CIRO BENVENUTO
Negli ultimi anni la cucina nipponica, in particolare il “sushi”, si è diffusa a macchia d’olio impressionando un po’ tutti nel guardare la preparazione e nell’assaggiare ingredienti a noi sconosciuti, inducendo gli italiani ad un’apertura culturale di tipo gastronomico verso tale “arte culinaria”, confusa a volte con la formula “all you can eat” (tutto quello che puoi mangiare) proposta da alcuni ristoranti nella maggior parte cinesi.
Questi ristoranti applicano prezzi molto bassi, variabili dai 10 € ai 20 € a persona, per un pranzo o una cena a base di pesce crudo senza limitazioni. L’interrogativo che si pone è: “Com’è possibile pagare un prezzo così basso, visto il ‘food cost’ delle materie prime?”
La risposta è che la qualità del pesce utilizzato è scadente. Ciò si evince dalla colorazione opaca e verdastra, dall’odore molto intenso, acetico e sgradevole. Al contrario, in un “sushi bar” di medio/alta categoria, il pesce esposto in vetrina ha un colore vivo e intenso, inodore e delicato all’olfatto.
Nei ristoranti che applicano la formula “all you can eat” viene proposto pesce di “ultima fattura”, vale a dire, scarti del mercato ittico venduti a prezzi minimi, oppure importato illegalmente.
Al tal proposito, il gruppo operativo dei NAS (Nucleo Anti Sofisticazione) dei Carabinieri, dopo attente verifiche effettuate nei suddetti ristoranti, spesso rileva la presenza di alimenti scaduti, scongelati e ricongelati, nonché bassi livelli di igiene nelle cucine.
Pertanto, è sconsigliabile mangiare prodotti alimentari come il pesce, pagandoli prezzi eccessivamente bassi. Il rischio è incorrere in sgradevoli intossicazioni alimentari.