di MARA PRINCIPATO
“Ama la verità; mostrati qual sei, e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se tormento, e tu sopportalo. E se per la verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita, e tu sii forte nel sacrificio”.
Uno dei pensieri più fulgidi di Giuseppe Moscati, scritto su un biglietto il 17 Ottobre 1922, medico laico a fortissima vocazione sociale, proclamato santo.
Giuseppe Moscati nacque nel 1880 a Benevento, morì a Napoli il 12 aprile 1927 a 47 anni.
Figlio di un magistrato e settimo di nove figli, seguì i trasferimenti del padre da Benevento ad Ancona e poi a Napoli, dove conseguì la laurea a pieni voti in medicina nel 1903. Moscati lavorò dapprima agli Ospedali Riuniti, poi Santa Maria del Popolo, detto degli “Incurabili”, nel quale assunse, nel 1911, il ruolo di Primario.
Giuseppe visse circondato da illustri scienziati e maestri di medicina quasi tutti “positivisti” e “materialisti”, i quali, nonostante fossero avversi alle questioni di fede, riconobbero in lui eccelsa coerenza scientifica.
Ricerca e comunione quotidiana rappresentano per Moscati due momenti dello stesso impegno. Da molti viene considerato un precursore della moderna biochimica, numerose sue ricerche furono pubblicate su riviste scientifiche italiane ed internazionali, tra cui quella pionieristica sulle reazioni chimiche del glicogeno.
Già a trent’anni, l’esattezza delle sue diagnosi e la sua intuitività lo rendono famoso, stimato anche dal clinico Antonio Cardarelli. Giuseppe ha tutte le doti necessarie per diventare uno dei “baroni” della medicina, ciononostante sente di essere veicolo di conoscenze provenienti da Dio da destinare a chi soffre ed è povero.
Per le visite ai pazienti effettuate nel suo frugale ambulatorio, l’onorario è regolato da un cestino con una scritta: “Chi può metta qualcosa, chi ha bisogno prenda”. Quando il malato è lontano, in più povero, lo stesso Moscati porta denaro, spesa e generi di prima necessità.
Offre aiuto spirituale durante e dopo le cure, si preoccupa di raddrizzare esistenze, di orientare i confusi, medico e apostolo sempre. Tutte le mattine, prima di raggiungere l’Ospedale degli Incurabili, si recava a messa presso la Chiesa del Gesù Nuovo, sita a pochi passi da casa sua in Via Cisterna dell’Olio.
Giuseppe è morto povero, con la casa semi vuota, aveva venduto persino i mobili di
famiglia. Il 12 aprile 1927, giorno della sua morte, è stato anche l’ultimo dedicato alle visite. Tre anni dopo, le sue spoglie sono state tumulate nella chiesa del Gesù Nuovo in Napoli, suo luogo preferito, dove gode il suo eterno riposo.
Fu proclamato beato il 16 novembre 1975 da Papa Paolo VI e canonizzato nel 1987 da Papa Giovanni Paolo II.