di ENRICO “PRINCE” FORTUNA
La calata nelle nostre terre dei Kiss per il loro ultimo “End of the Road World Tour” (ma sarà realmente così?) è ormai imminente.
La venuta dei Kiss, unica tappa italiana a Verona il 13 luglio 2020, mi offre l’occasione per “magnificare” quello che fu l’evento rock avvenuto nel 1980 nel nostro “Bel Paese”, dove la scena concertistica languiva malinconicamente, in quanto il panorama internazionale ben poco offriva a quei tempi, considerato anche l’affievolimento della vena artistica dei vecchi dinosauri del rock ancora in vita, mentre si cominciavano a captare i primi vagiti della nouvelle NWOBHM (New Wave of British Heavy Metal, movimento “heavy metal” nato verso la fine dei seventies), ancora però patrimonio di pochi adepti esoterici.
I Kiss erano al loro primo “rendezvous” italico per promuovere l’ultimo lavoro “Unmasked” (ritenuto dalla critica non all’altezza della loro fama), supportati dagli inglesi Iron Maiden che affrontavano la loro prima tournée europea, dopo l’omonimo album, che doveva consolidare il loro status in crescente ascesa di nuovi eroi della nuova scena British, ben consci che questa “big chance” avrebbe potuto sì proiettarli nell’empireo dei “Gods of metal” ma anche declassarli irrimediabilmente, soprattutto per la spiccata differenza di audience delle stars americane.
Tutto cominciò al mio ritorno da Londra, quando su un quotidiano nazionale lessi di questa mini tournée italiana di 3 giorni con esordio a Roma il 30 agosto, Genova il 29 e al Vigorelli di Milano il 2 settembre. Si tenga conto che la risonanza di tale avvenimento fu amplificata dalla fama dei Kiss, altrimenti ben pochi ne sarebbero venuti a conoscenza. Non certo come avviene oggi, dove la data di un concerto la si conosce molti mesi prima.
Nella suggestiva cornice di Castel Sant’Angelo, nel cuore dell’Urbe, storicamente teatro di pochissimi concerti rock scelto per l’occasione soprattutto per esser uno dei pochi siti che permetteva di predisporre adeguatamente il faraonico set, mi recai con fervida eccitazione per seguire sia i miei “vecchi” eroi, sia il “gruppo spalla” Iron Maiden, che dovevano salvarci dalla pestilenza punk e dalla decadente new wave imperanti allora!
Davanti ad un preponderante schieramento della Kiss Army, con sparute ma vocianti frange con tanto di bandiere del combo britannico, alle prime ombre della sera, gli Iron Maiden, opening act londinesi, praticamente senza alcuna scenografia mancando anche lo sfondo raffigurante il mitico “Eddie” (personaggio delle copertine dei dischi degli Iron Maiden), irrompevano con la terremotante “Prowler”, rompendo subito gli indugi davanti ad una platea se non ostile certamente diffidente concludendo, dopo solo mezzora, una delle performance più vibranti ed elettrizzanti a cui avessi mai assistito, finanche i fans più radicali dei Kiss dovettero concedere loro l’onore delle “Army”!
I Kiss, si narra, optarono in quel tour europeo per un suono ben più viscerale rispetto ai loro ultimi album, anche la scelta dei brani era mirata a tale scopo con l’inclusione di alcuni vecchi classici a scapito dei recenti hits, proprio per poter fronteggiare la forza d’urto degli inglesi.
Naturalmente il loro magniloquente show, incastonato nell’usuale gigantesca coreografia (supportata da 7 tir e 100 tecnici) con tanto di bombe e fiamme di stampo hollywoodiano, dopo il consueto proclama sulla “band più calda del mondo”, si aprì con la dirompente “Detroit rock city” e fu subito sfrenato headbanging! In fantasmagorica sequenza successero tutti i loro hits fino all’inno primordiale di “Rock n roll all nite” che chiuse il set prima dei 3 bis, per un totale complessivo di circa 2 ore di concerto con audience in assoluta estasi, a conferma della immaginifica e consumata presenza scenica (e sonora) dei loro live, in netta contrapposizione agli “anemici” lavori in studio.
Accanto alla triade Simmons-Stanley-Frehley, assistemmo all’esordio europeo alla batteria di Eric Carr (the Fox) al posto di Peter Criss, allontanatosi dagli eccessi rock per poter restare accanto alla sua giovane sposa.
Questa retrospettiva, pur stemperando l’esuberanza narrativa dell’evento dato il tempo trascorso, acquisisce importanza rilevante visto che son passati 40 anni da quel giorno, di acqua ne è passata sotto i ponti, ma mentre altri gruppi risalenti allo stesso periodo sono spariti, i Kiss e gli Iron Maiden (due titani del rock) continuano a trascinare ai loro concerti miriadi di supporter entusiastici, ai limiti dell’idolatria, regalando loro un sogno che non avrà mai fine.
Ecco, l’attuale realtà rafforza il mio convincimento di aver assistito in quel fatidico 29 agosto ad un avvenimento epocale, al punto che nel ritornare a casa ben sopportai l’avaria della mia “amata” Fiat 128, che mi costrinse, in un mondo senza cellulari, a richiedere 2 autostop lungo l’autostrada del Sole, contrattempo che rese l’evento trascorso ancor più indimenticabile!