INCHIESTA CORONAVIRUS – LO SMART WORKING AL TEMPO DEL COVID 19

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di ENZO DONZELLI

La spinta all’uso delle tecnologie che viene dalla paura del contagio

L’evoluzione tecnologica, specialmente nel settore informatico e delle telecomunicazioni, è molto più veloce della rapidità con cui evolve la società nel suo complesso, spesso si scontra con la resistenza al cambiamento insita in ognuno di noi.

Se invece ci sentiamo minacciati, allora diventa necessario adattarsi velocemente alle situazioni per fronteggiare il pericolo incombente. In questo caso sono proprio le circostanze avverse a dare slancio al cambiamento facendo emergere così la “resilienza”, che serve ad affrontare gli eventi traumatici in modo positivo.

E’ ciò che è avvenuto in questi ultimi mesi, quando ci siamo sentiti investiti da questa nuova e travolgente pandemia. Improvvisamente tecnologie come la videoconferenza, le comunicazioni via chat, mail e la condivisione di risorse online, sono diventate di uso comune tra milioni di lavoratori e studenti costretti a restare a casa per limitare gli spostamenti e con essi la velocità di diffusione del virus.

Differenza tra  Smart Working e Telelavoro

In poco tempo è diventato di uso comune il termine “smart working”, spesso erroneamente considerato sinonimo del più antico “telelavoro”. Entrambi i termini si riferiscono a forme di lavoro alternative che fanno uso delle tecnologie informatiche e telematiche ma non sono affatto la stessa cosa.

Infatti, il “telelavoro”, che nasce con un accordo del 2004 derivante da un concordato europeo del 2002, può essere indubbiamente considerato l’antenato dello “smart working”, introdotto dalla legge 81 del 2017. La differenza sostanziale tra le due tipologie di lavoro non risiede negli strumenti utilizzati ma nelle modalità con cui si svolge la prestazione. Nel “telelavoro” la prestazione è regolarmente svolta in postazioni fisse al di fuori delle sedi delle organizzazioni, con orari strettamente legati ai tempi di ognuna. Nello “smart working” la prestazione può svolgersi sia all’interno sia all’esterno dell’organizzazione, senza postazione fissa e vincoli di orario precisi. 

Lo smart working come opportunità attuale e futura

Scopo dello “smart working” è la duplice soddisfazione del lavoratore e dell’organizzazione, ottenuta valorizzando l’autonomia del primo, il quale, svincolato dalla costante presenza fisica in azienda, deve gestire in autonomia tempi e spazi di lavoro, con l’obiettivo di raggiungere un determinato risultato. Chiaramente questi effetti positivi, sia sul lavoratore che sulla produttività non sono sempre scontati. Essi sono maggiormente evidenti quanto più il lavoro è caratterizzato da una elevata misurabilità del risultato raggiunto, se invece la tipologia di lavoro non si adatta a tale parametro, si riduce l’efficacia dello strumento telematico utilizzato, con correlata crescita del grado di frustrazione.

La situazione di emergenza ci ha obbligato ad introdurre in fretta lo “smart working”, al contrario, in passato le troppe remore non hanno mai permesso di apprezzarne i vantaggi rallentandone l’utilizzo. Per introdurre lo “smart working” in modo appropriato bisognerebbe eseguire preliminarmente una analisi delle procedure e delle caratteristiche del lavoro.

Speriamo che una volta conclusa l’emergenza Coronavirus la nostra vita lavorativa e personale sia arricchita in modo permanente dalle suddette tecnologie, le quali riducendo l’inquinamento prodotto dai mezzi di trasporto, inciderebbero positivamente sull’ambiente e sulla produttività, in termini di efficacia ed economicità.

Già nel 1931 Albert Einstein scriveva: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.” [Il mondo come io lo vedo (1931) – Albert Einstein]

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