di DANIELA SPERANZA
Prof.ssa Daniela Speranza (Psicoterapeuta, Docente scienze umane, Garante per le politiche persone con disabilità municipalità 5-Napoli)
Non è certo una novità per nessuno che il COVID19 abbia portato con sé, oltre alle nefaste conseguenze sul fisico, anche gravi disagi psicologici arrecati a chiunque, di qualsiasi età.
Non a caso il CNOP (Consiglio Nazionale Ordine Psicologi), in partnership col MIUR, ha introdotto nelle scuole italiane, di ogni ordine e grado, il “servizio di supporto psicologico covid19”, affidato ad un terapeuta, al fine di arginare i danni provenienti dai disturbi post-traumatici da stress e sostenere gli studenti in un periodo difficile e delicato.
Se isolamento sociale, deprivazione, senso di inutilità e apatia sono tra i principali disagi segnalati, a maggior ragione ciò è valido per i ragazzi cosiddetti “speciali”, per i quali la socializzazione e l’interazione sociale, oltre naturalmente alle acquisizioni didattiche, rivestono un ruolo particolarmente importante.
In particolare, secondo alcune ricerche, gli studenti affetti da autismo, o in generale da disabilità dello sviluppo intellettivo, sono risultati essere in grande sofferenza, nonostante la rilevante attenzione e la cura rivolta loro in “DAD” prima, e in presenza poi. Proprio quest’ultima circostanza (in presenza) è stata oggetto di numerose controversie, da parte di chi riteneva discriminante far presenziare solo gli allievi disabili mentre il resto della classe era collegata in “DAD”, altri, di contro, ritenevano fosse positivo rincontrare le loro insegnanti “de visu”, collegandosi col resto della classe in videolezione (la scrivente propende per questa seconda ipotesi).
Non è stato facile, e non lo è tuttora, per le famiglie affrontare un’esperienza del genere. Molti genitori hanno reagito in maniera resiliente, cercando aiuto e conforto in gruppi, associazioni, etc., cercando di trasmettere ai propri figli positività senza arrendersi. Purtroppo in altri casi non è cosi, molte famiglie si sentono sotto pressione, oberate da un carico logistico e soprattutto emotivo, eccessivo.
Unanime è la richiesta di aiuto gridata a gran voce rivolta alla rete sociale ed alle istituzioni pubbliche. Se è vero che ”nessuno si salva da solo”, come sempre è necessario fare squadra, creare sinergia e sintonia tra famiglia, scuola e istituzioni, superare la rigida burocrazia a favore di soluzioni e modalità innovative.
Ridiamo il sorriso ma soprattutto il dovuto rispetto ai nostri ragazzi “speciali”!