di MARA PRINCIPATO
Il 23 luglio 2009 si è consumato a Napoli un orribile “femmicidio” ai danni di Fiorinda Di Marino, commesso dal suo compagno Renato Valboa.
Fiore, questo è il soprannome con cui veniva chiamata da chi la conosceva, donna sensibile, dolce ed estremamente generosa, aveva 35 anni, era docente presso una scuola materna e madre di un bambino di 9 anni avuto dal marito da cui aveva divorziato.
Qualche mese prima di essere uccisa Fiorinda aveva denunciato Renato per lesioni in seguito alla violenta aggressione subita da quest’ultimo, l’uomo non aveva accettato la fine della loro relazione. Il suo assassinio è stato uno dei più cruenti nei casi di cronaca di “femmicidio”, poiché Fiore è stata uccisa, anzi, massacrata a colpi d’ascia dall’uomo che diceva di amarla e con cui aveva avuto una relazione.
Valboa fu condannato in primo grado a 16 anni di reclusione più 3 anni da scontare presso una casa di cura. La sentenza di secondo grado nell’ottobre 2012 ritenne l’uomo incapace di intendere e di volere, il 20 giugno 2014 la Corte Suprema di Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado con la non perseguibilità dell’imputato ex. art.85 c.p. cosicché, il reo confesso, il quale si è sempre dichiarato colpevole, ha scontato all’incirca 10 anni presso un ospedale psichiatrico giudiziario.
Ora è un uomo libero di vivere la sua vita, come se nulla fosse mai accaduto.
Questa è giustizia? No, non lo è. Come si può pensare di reintegrare Valboa nella società dopo che ha compiuto un simile atto? Per di più già pregiudicato per essere stato condannato a quattro anni e otto mesi di reclusione nel 2002 dopo aver tentato di uccidere la sua ex moglie, scontando solo una parte della pena grazie all’indulto.
Ho avuto il piacere di conoscere la famiglia Di Marino qualche mese prima della morte di Fiorinda. Un mese dopo, nell’agosto 2009, ricordo i discorsi al mare con le sorelle Giulia e Paola, la tristezza nei loro occhi, la forza di reagire di mamma Rubina, il silenzio tormentato in cui si era chiuso papà Giuseppe. La famiglia ha lottato con tutte le sue forze per avere giustizia contro il sistema giudiziario che ha emesso questa blanda sentenza.
Sono trascorsi 12 anni dalla dipartita di Fiorinda, che vive nel ricordo dei suoi studenti e nel cuore di chi l’ha conosciuta, a lei è dedicato lo Sportello Antiviolenza “Le porte di Frida” (https://www.criticalsociety.it/2021/06/08/lassociazione-frida-kahlo-la-citta-delle-pari-opportunita/) per aiutare le donne vittime di abusi.