di ADRIANA STANZIOLA
UNA CHIACCHIERATA CON IL PROF. UGO MATTEI, PROMOTORE DEI REFERENDUM CONTRO LA GUERRA E PER LA SANITÀ PUBBLICA.
Forse molti non sono a conoscenza che da Aprile fino al 13 luglio è stato possibile firmare per richiedere l’indizione di un referendum abrogativo su quesiti quali la pace e la sanità pubblica. Tale campagna referendaria è passata in sordina, i media nazionali non ne hanno fatto menzione, a dimostrazione che vi è stata la volontà di boicottarla. Infatti, il quorum previsto delle 500.000 firme non è stato raggiunto, sono state apposte soltanto 350.000.
Sono cresciuta con l’idea democratica espressa da un famoso detto: “Non sono d’accordo con quello che dici ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”. In tale vicenda ciò che colpisce non è soltanto l’imbarazzante silenzio dei media (nel nostro Paese l’informazione non gode di buona salute, infatti, secondo il rapporto annuale del World Press Freedom Index 2023, l’Italia è al 41esimo posto dietro ad Argentina, Macedonia del nord, Montenegro), ma anche l’ignavia di molti cittadini per i quali la non condivisione dei quesiti referendari ha giustificato il non apporre la firma.
Il referendum (uno dei pilastri della nostra Costituzione) è uno strumento che i cittadini hanno a disposizione per manifestare la “democrazia diretta”. La Costituzione ci ricorda pure che: “L’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (Art.11). Uno degli obiettivi del referendum è quindi fermare i finanziamenti italiani relativi alla guerra tra Ucraina e Russia e in generale a tutte le guerre. Inoltre: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite” (Art. 32).
Nello specifico quali sono le caratteristiche della campagna referendaria?
I quesiti referendari sono stati tre (due contro la guerra): 1) stop invio armi in Ucraina; 2) stop al mercato delle armi; (uno per la sanità pubblica): 3) stop agli interessi delle case farmaceutiche e dei privati. Due sono anche i comitati promotori riunitisi in un unico fronte referendario: “Ripudia la Guerra” (con portavoce Enzo Pennetta) e “Generazioni Future” del Prof. Ugo Mattei (giurista, docente dell’Università di Torino e autore dei quesiti referendari del 2011 sull’acqua come “bene pubblico”).
Sui temi referendari ho intervistato il Prof. Ugo Mattei che ringrazio per la disponibilità.
D: Il referendum è uno strumento di “democrazia diretta” attraverso il quale i cittadini possono manifestare la sovranità popolare, sancita nella nostra Costituzione all’art.1, come mai nonostante questo si è parlato quasi nulla di questa campagna referendaria?
R: “Ovviamente se n’è parlato poco perché chi sta nei palazzi della politica non può rischiare di essere messo in minoranza dal popolo. Il referendum è una sorta di controllo diretto, il fatto stesso che venga posto in essere costituisce una specie di sfiducia nei rappresentanti politici e verso la loro capacità di interpretare il comune sentire. Quindi, in qualche modo si è voluto inibire l’informazione impedendo al popolo italiano di apporre le firme e di votare. In un Paese democratico la partecipazione è possibile soltanto quando ti mettono nelle condizioni di farlo. In più, spesso i promotori dei referendum costituiscono dei comitati cittadini organizzati in modo approssimativo, il che fa gioco al potere. La gente non ha capito che per coltivare la democrazia bisogna essere proattivi, pertanto, i banchetti per apporre le firme vanno ricercati consapevolmente. Il popolo crede di partecipare ad un’esperienza referendaria come così come prende parte alle elezioni politiche. Non è così! I promotori costruiscono le infrastrutture di partecipazione in modo del tutto privatistico, spendendo dei soldi, dandosi da fare tra varie difficoltà, la gente dovrebbe rendersene conto. Tale è lo spirito della partecipazione attiva. Purtroppo la cittadinanza è ormai confusa con l’essere consumatori sempre più beoti”.
D: A chi afferma che “La politica estera di un Paese non si fa con i referendum” (Stefano Bonaccini [PD ], Corriere della Sera del 23/04/23) in che modo possiamo controbattere?
R: “È un’idea cretina, perché da sempre le guerre o la ricerca della pace richiedono il massimo livello di coinvolgimento politico della collettività. Si presume che se siamo in guerra contro la Russia è perché la maggioranza del Popolo Italiano la “detesta”, questo sentimento però per essere dichiarato vero dovrebbe essere “certificato” dalla partecipazione popolare attraverso il referendum. Personalmente non credo affatto che la maggioranza del popolo italiano detesti la Russia al punto da andarci contro. In realtà, chi decide è un comitato d’affari atlantista che pensa soltanto ai propri interessi. Per cui, se la politica estera non si fa con il popolo ma “fuori dal popolo” vuol dire che non siamo in democrazia ma nel “dispotismo”.
D: Alcuni critici del referendum hanno avanzato dubbi sull’ammissibilità dei quesiti ritenendo che la scelta dell’Italia di inviare armi all’Ucraina rientri nei trattati internazionali, per i quali, quindi, non è utilizzabile lo strumento referendario. Ci può chiarire questo aspetto?
R: “Non ci sono trattati, su questo non c’è dubbio! Non c’è obbligo di inviare armi. Vi sono Paesi Nato e Paesi UE che non inviano armi. Fa parte delle scelte politiche di un governo manifestate attraverso la decretazione, la quale è un atto legislativo sottoponibile al referendum. Ricordo il referendum del 2011 inerente all'”acqua pubblica” e alle privatizzazioni di alcuni servizi, allorquando la Corte Costituzionale dichiarò ammissibili i quesiti posti dai promotori, questa volta è possibile invece che li consideri non ammissibili. Purtroppo il degrado istituzionale coinvolge tutte le istituzioni compresa la Corte Costituzionale. Ne hanno fatte già tante in passato e potrebbero rifarle. Ciò mostra ancora una volta che non siamo più in democrazia ma dentro un potere bruto”.
D: In pillole, l’importanza dei quesiti referendari?
R: “Non c’è altra strada per mettere un ostacolo giuridico costituzionale a questi infami, se non facciamo nulla continueranno ad inviare armi conducendoci alla catastrofe nucleare. Il referendum è una soluzione definitiva? È la migliore soluzione possibile? Certamente no! La migliore soluzione possibile sarebbe avere un governo non costituito da un’accozzaglia di servi del potere atlantico, purtroppo siamo in queste condizioni dopo aver perso la II Guerra Mondiale. Abbiamo un importante strumento costituzionale sancito dall’art. 75 e dobbiamo farlo funzionare. L’aver boicottato questo referendum va inteso come consenso concesso dagli italiani alle scelte scellerate del governo”.
D: In che modo si può ancora contribuire per la riuscita di un referendum?
R: “Firmare, firmare, firmare. I cittadini devono smettere di trovare scuse. Una volta che i quesiti referendari vengono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale il popolo si appropria dello strumento. Chiunque può raccogliere firme e fornirle alla Corte di Cassazione che certificherà il referendum soltanto se viene raggiunta quota 500.000 con convalida, altrimenti si è perso tempo e opportunità”.
La ringrazio Professore.