di RAFFAELLA CARDONE
Marie Sklodowka Curie (Varsavia, 7 novembre 1867 – Sancellemoz, 4 luglio 1934), una vita vissuta al servizio della scienza in compagnia del marito Pierre Curie, con il quale nel 1898 scoprì l’esistenza del “radio” isolandolo nel loro laboratorio di Parigi, il cui nome deriva dal latino ”radius” (raggio).
Nel 1903 la scoperta del “radio” e anche del “polonio” (dal nome della Polonia, Paese nativo di Marie) valse ai Curie e al fisico Henri Becquerel il Nobel per la Fisica. Successivamente nel 1911 la Curie vinse anche il Nobel per la Chimica, prima donna a riceverlo in due discipline distinte. I Curie non depositarono mai alcun brevetto, permettendo così alla comunità scientifica di svolgere ricerche sulla radioattività.
Il successo industriale del “radio“
Sull’onda dell’entusiasmo, tra gli anni ’10 e ’20 del XX secolo, l’industria americana si appropriò del nuovo elemento inserendolo in numerosi prodotti: dal burro all’acqua minerale, dalle sigarette ai dentifrici, dai cosmetici alla lana per neonati, dagli occhi delle bambole agli orologi da polso, dai cruscotti delle automobili alla segnaletica delle piste degli aeroporti, dai numeri civici a quelli delle poltrone a teatro, etc. Il minerale fosforescente, infatti, emana una pallida luce bianca-verdastra e/o azzurrognola.
Al fine di realizzare scritte più nitide sui quadranti degli orologi e di altri oggetti, utilizzati anche dai soldati durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, furono assunte giovani donne soprannominate ”Radium Girls” (o “Ragazze fantasma”), le quali umidificavano con le proprie labbra i pennelli per affinarne la punta intinta nel “radio”.
Il bagliore emanato dalla pelle, dai capelli e dai denti trattati con prodotti al “radio” stupiva le donne dell’epoca, perché al buio brillavano di una luminosità innaturale. Sensazioni fugaci di benessere e vitalità che sarebbero state pagate a caro prezzo. I sintomi dovuti alla lunga esposizione al “radio” senza alcuna precauzione non tardarono a manifestarsi. Molte donne, infatti, cominciarono a lamentare dolori alle mandibole, problemi alla pelle e ai denti. Il numero di decessi fu ancor più elevato rispetto ai dati ufficiali.
In Francia ebbe grande successo una rinomata linea di cosmetici chiamata Tho-Radia, le cui ciprie contenevano “torio” e “radio”. In Italia il fenomeno fu molto ridotto, limitandosi al consumo di pochi prodotti, tra cui le acque minerali radioattive.
Il paradosso è che nei primi anni del Novecento la parola ”radioattivo” era considerata sinonimo di ”salutare” e ”benefico”. I coniugi Curie, invece, fin da subito avevano intuito la tossicità del materiale. La stessa Marie si procurò diverse ustioni durante i suoi studi e nel 1906 scrisse articoli che evidenziavano la pericolosità dell’elemento. Morì di cancro nel 1934.
Gli effetti curativi del “radio“
Fu l’ingegnere William J. Hammer, assistente di laboratorio di Thomas Edison e aviatore americano, nonché presidente dei “Pionieri di Edison”, che portò da Parigi alcune quantità di “radio” fornitigli dai Curie, il quale, affascinato dalle proprietà fosforescenti dell’elemento, tenne conferenze e dibattiti sui suoi presunti poteri curativi e benefici. Fu anche il primo a proporlo come trattamento per la cura del cancro pubblicando i risultati dei suoi studi in un volume del 1903 intitolato ”Radium and other radio-active substances”.
A tal proposito, famoso fu il caso di Eben McBurney Beyers (Pittsburgh, 12 Aprile 1880- Manhattan, 31 Marzo 1932), rampollo dell’alta società e campione americano di golf. Nel 1927 durante un suo viaggio in treno si infortunò ad un braccio. In seguito accusò continui dolori all’arto, cosicché il suo fisioterapista gli consigliò di assumere il Radithor, farmaco brevettuale costituito da una soluzione di acqua distillata contenente “radio” ad alta concentrazione. La soluzione, nata dall’invenzione dal venditore di medicina William JA Baile, fu commercializzata dalla Radium Laboratories di East Orange.
Con l’assunzione di tale farmaco Beyers iniziò a migliorare, al punto da assumere grandi quantità di Radithor. Si conta che nell’arco di cinque anni ne consumò circa 1.400 bottiglie di due once ciascuna (59 ml) prima di smettere nel 1930. Ritenendolo un vero e proprio elisir per la salute lo somministrò anche ai suoi cavalli da corsa. Tuttavia, dopo qualche anno cominciò ad accusare problemi ai denti che lo condussero all’asportazione della mandibola.
Nel Settembre del 1931 la Federal Trade Commission aprì un’indagine e inviò l’avvocato Rober H. Wynn a intervistare Beyers nella sua tenuta di Southampton in Inghilterra. Come descritto nell’edizione del Time Magazine dell’11 aprile 1932, Beyers non poteva più muoversi perché il suo scheletro si stava sgretolando a causa dell’assunzione del “radio”, il suo cervello presentava un ascesso, ed erano presenti, inoltre, buchi nel cranio. Morì per avvelenamento da “radio” a 51 anni d’età dopo atroci sofferenze. In conseguenza della vicenda Beyers, la Food & Drugs Administration mise al bando il Radithor, ottenendo un maggior controllo sui medicinali che utilizzavano il “radio” come principio attivo.
Grace Fryer e le accuse alla United States Radium Corporation
Nello Stato del New Jersey l’azienda americana U.S. Radium Corporation, sebbene fosse a conoscenza degli effetti dannosi del “radio”, commercializzò senza farsi scrupoli la vernice luminescente Undark, frutto di una mescola tra il suddetto metallo e il “solfuro di zinco”.
Grace Fryer, facente parte di un gruppo di operaie che svolgevano il loro lavoro per la U.S Radium all’interno di stanzoni pieni di polvere, fu una delle prime a denunciare i disturbi causati dal contatto prolungato con il “radio”. Dopo essersi licenziata nel 1920 cominciò a manifestare i primi sintomi di intossicazione da metallo. I suoi denti caddero, si formarono numerosi ascessi della pelle, e accusò dolori lancinanti alle gambe a ai piedi. Altre operaie addette alla verniciatura della U.S. Radium denunciarono gli stessi sintomi.
I numerosi decessi insospettirono i giornali locali dell’epoca, la stessa Fryer richiese al suo ex datore di lavoro un risarcimento per affrontare le spese mediche, il quale rifiutò negando ogni responsabilità per le morti avvenute nel corso di pochi anni. A questo punto Grace Fryer decise di fare causa alla U.S. Radium unitamente ad altre cinque operaie. L’azienda ebbe il sostegno di società farmaceutiche e medici prescrittori di medicine al “radio” certificate come curative.
Il processo terminò con un accordo che prevedeva un cospicuo risarcimento per ciascuna ragazza a copertura delle spese mediche, corrisposto però solo in minima parte. La Fryer morì poco dopo l’udienza. Numerose altre donne, spinte dal suo esempio si sottoposero ad esami medici con ricorsi giudiziari continuati fino agli anni ’50 del Novecento. La vernice al “radio” fu messa al bando solo nel 1968. Ancora oggi è difficile quantificare quante persone siano state contaminate. Diversi casi furono resi noti al pubblico suscitando scalpore nei Paesi che del “radio” ne facevano un uso quotidiano spropositato.
Il caso di Grace Fryer, come numerosi altri che si susseguirono, gettò le basi della prevenzione e della sicurezza sul lavoro, per molto tempo sottovalutata e trascurata dalle industrie.
Possa l’umanità imparare dai propri errori.