di MARA PRINCIPATO
Questa è una storia che si incastra in un contesto sociale e politico più ampio, concernente l’abusivismo edilizio e le scelleratezze dei piani urbanistici.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, tra gli anni ’50 e ’60, in riferimento alla Legge sulla ricostruzione del 23 marzo 1947 n.132, iniziò la trasformazione di terreni edificabili ad uso edilizio senza lasciare spazio al verde pubblico, in più vennero ristrutturati gli edifici distrutti e danneggiati dai bombardamenti. Fu proprio in siffatto periodo che si verificò il fenomeno che stravolse definitivamente il volto della città di Napoli.
Tra i maggiori imprenditori che presero parte alla ricostruzione vi fu Mario Ottieri, personaggio senza scrupoli, il quale con l’appoggio dell’allora sindaco Achille Lauro, edificò in sfregio al paesaggio urbano. Tra le sue opere di rilievo si annovera Palazzo Ottieri, sito in Piazza Mercato, costruito nel 1958, e la serie di palazzoni ubicati in Via Kagoshima, Via Ugo Ricci e Via Aniello Falcone, denominati la “muraglia cinese” del Vomero.
Il quartiere collinare Vomero è noto per essere una fra le zone più chic di Napoli, ricco di negozi e centro della movida. Fin dagli inizi del ‘900 era considerato una periferia disabitata e lontana dalla città, composta soprattutto da villette liberty con giardino, circondate da ampi terreni dove venivano coltivati i broccoli. “O’ Vommero” (in lingua napoletana) era rinomato proprio per questa tradizione.
Fu uno dei quartieri maggiormente investito dal fenomeno speculativo citato, trasformato in un immenso ammasso di cemento a causa di un’operazione di edilizia popolare su larga scala. Nel cuore del quartiere, in Vico Acitillo, si trova ancora oggi una villa che aveva annessa una stalla, la quale stalla nel corso degli anni è stata trasformata in una splendida abitazione di quattro piani, contornata da un ampio parcheggio privato e giardino.
Vi chiederete: ”Cosa c’è di strano in tale evento?”
La mia storia analizza il perché la stalla si è trasformata in villa grazie all’intervento di un ulteriore personaggio divenuto negli anni “importante” nel quartiere, che chiamerò O’ Pigliatutto.
Le “voci” del quartiere raccontano che O’ Pigliatutto era di estrazione umile, in gioventù girovagava per lo stesso come carrettiere, vendendo tutto ciò che riusciva a reperire per racimolare qualche lira per sfamarsi. Nel suo girovagare entrò probabilmente in contatto con gli apparati politico-affaristici della zona, comprendendo fin da subito che per farsi strada in simili ambiti avrebbe dovuto ripulire la sua immagine, diventare più raffinato.
O’ Pigliatutto successivamente comprò casa nel cuore del Vomero, da tale momento la sua vicenda di vita si intreccia con quella dei, qui definiti, “fratelli della stalla”. L’amicizia tra loro non fu immediata giacché O’ Pigliatutto voleva primeggiare, poi avvenne l’alleanza, e probabilmente fu grazie a questa che i “fratelli della stalla”, commercianti da generazioni, senza dare troppo nell’occhio, ottennero i permessi di costruzione.
Nel contesto speculativo in cui si svolge il fatto narrato rimangono dei dubbi riguardo a tali permessi. La questione è che oggi questa splendida villa, grande e luminosa, gode di ogni confort, ed è dotata di ampi balconi e di uno splendido giardino.
La storia raccontata è l’ennesima dimostrazione che in Italia nulla è impossibile grazie ai clientelismi e alle amicizie “giuste”.