di ANTONIO SPOSITO
Appartengo alla generazione cresciuta nel mito del vinile, delle puntine gracchianti dei giradischi, delle copertine che assumevano le fogge di opere d’arte contemporanee, icone di un modo di essere. Una generazione che credeva negli ideali di pace e amore, comunitari, orgogliosa della sua diversità estetica, interiore, sociale, politica.
Poi venne una data simbolica che spaccò in due il mondo dei “media” (old e new media) già rivoluzionato da Internet (la rete delle reti) nata nel 1966 a Washington, allorché Bob Taylor – dirigente all’epoca di un ufficio appartenente alla Advanced Research Projects Agency (ARPA) – suggerì al suo direttore di finanziare un progetto che consentisse di comunicare e scambiare risorse tra computer operanti nei diversi laboratori universitari sovvenzionati dalla stessa ARPA.
Quella fatidica data giunse successivamente nel 1989, quando in un mondo già parzialmente digitale, comparve – presso il centro di ricerca del CERN di Ginevra – il World Wide Web (WWW) ideato da Timothy Berners-Lee, coadiuvato poi da Robert Caillau. Un sistema telematico che, nello stesso periodo storico-sociale in cui il numero di computer e di utenti collegati in rete aumentava in maniera significativa, ha permesso, in un primo momento, la condivisione d’informazioni tra gruppi internazionali di ricercatori in “fisica delle alte energie”, per trasformarsi poi in un vero e proprio fenomeno sociale planetario di comunicazione e interazione.
Le risorse che offre il World Wide Web sono predisposte in modo da consentire ai fruitori immediate e rapide consultazioni, comunicazioni e interazioni. La singolarità di questo sistema, che ha concorso in modo decisivo alla sua diffusione, è il poter accedervi in assoluta libertà, permettendo a qualunque persona di contribuire ad alimentare le informazioni condivise con la possibilità di creare le proprie pagine multimediali. Ed ecco, allora, che il passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale, consolida un altro definitivo transito, quello – per dirla alla Bauman – dalla modernità “solida” alla modernità “liquida”, che ha obbligato la stessa industria culturale ad adeguarsi ad un mondo ormai globalizzato.
Gli effetti sociali procurati da Internet, dalla “digitalizzazione del mondo” e dal WWW, si sostanziano nella sconnessione tra organizzazione sociale e spazio fisico, la quale diviene una delle caratteristiche fondamentali della globalizzazione. In campo musicale ciò ha comportato la smaterializzazione dei contenuti sonori e testuali resi disponibili in rete, sancendo, di fatto, la de-industrializzazione della musica.
La “reticolarità” rompe, quindi, la “centralizzazione” del mondo musicale dominato dalle cosiddette Major (le case discografiche multinazionali) e dà inizio all’epoca del file sharing, ossia, della condivisione dei contenuti, fino al punto da indurre la creazione di comunità digitali attorno ad un tema, così come è avvenuto, ad esempio, per gli appassionati dei REM (famoso gruppo rock statunitense).
Gli stessi REM, fautori di un uso non-narrativo delle parole, nel periodo 1983-1998 si rifiutarono di pubblicare le loro lyrics all’interno degli album, da ascoltare, invece, come semplici suoni senza significatività semantica e testuale. Ebbene, i fans del gruppo, grazie alla Rete, si organizzarono per condividere e interpretare in modo esegetico i loro testi, che altrimenti sarebbero rimasti quasi esoterici.
Stiamo constatando, inoltre, come, allo stesso tempo, i “consumer” di prodotti musicali (ascoltatori) divengono anche “prosumer”, ossia, produttori. Sta avvenendo, dunque, una “ri-mediazione” della musica che sovverte il processo classico dell’economia, il quale prevede la separazione delle fasi produzione-distribuzione-consumo. Un aspetto questo, favorito dalla caratteristica forse più rilevante dello sconvolgimento epocale causato dalla comunicazione post-moderna: la “convergenza dei media” in un unico dispositivo reso sempre più portatile, che consente di essere costantemente connessi.
Attualmente un singolo strumento elettronico (un cellulare, un personal computer, un tablet), attraverso lo streaming – un invio di dati in flusso continuo di bit – assembla in sé le funzioni video, radio, di registrazione e riproduzione che in precedenza erano assolte da “media divergenti”. È ormai finita l’epoca descritta dalla canzone “Video Killed the Radio Stars” dei Buggles (1981), in cui la TV “uccideva” la radio.
Ulteriori problematiche poste dall’avvento d’Internet e dalle sue successive evoluzioni sono inerenti alla pirateria e alla preservazione dei diritti d’autore e della creatività, la quale pirateria ha trasformato un’opera d’arte “solida” in un processo riproducibile e manipolabile. I testi e le narrazioni diventano esperienze socializzanti sempre “aperte”, vissute in un infinito bricolage digitale che assume le sembianze di racconto sociale, caratterizzato da molteplici combinazioni narrative.
Internet ha trasformato anche l’idea di “successo”. In tale trasformazione la “generazione di YouTube” è stata decisiva.
Alcuni artisti musicali antecedenti all’era di Internet hanno usato questo “media” per confermare e possibilmente accrescere la propria fama originatasi off-line, altri, invece, sono nati on-line, in un “luogo-non-luogo” che ne ha sancito il successo, consentendo loro di stipulare poi veri e propri contratti discografici. Alcuni di questi musicisti, la cui “visione del mondo” spesso è antisistemica, si trovano, via via che il successo si accresce, davanti ad un bivio: vivere la propria popolarità esclusivamente in Rete, rimanendo coerenti con i propri valori nel restare indipendenti, oppure, cedere alle lusinghe del denaro offerto dalla case discografiche.
La musica all’epoca d’Internet e della Rete, sottoposta alla rivoluzione tecnologica permanente che avviene nel cyberspazio, ha perso, quindi, il “tatto”, l’”odore” del vinile – il quale però sta ritornato prepotentemente di moda – e la materia fredda dei CD. Ci troviamo, dunque, al cospetto di un “media” che possiede le potenzialità per democratizzare non soltanto le informazioni ma anche la distribuzione dei prodotti musicali, il quale, tuttavia, può essere fortemente condizionato da interessi economici, politici, culturali e sociali.
In definitiva, qualunque sia la tecnologia utilizzata e il canale di diffusione impiegato, occorre ricordare che l’aspetto più importante quando si parla di musica è che essa sappia regalare sempre emozioni intense e profonde.
DiscoDays XIII ed. (12/10/2014) “L’evoluzione della Musica: prima e dopo Internet” – Intervento di Antonio Sposito – Video – https://youtu.be/gnA3VtGVFkY
[…] anni duemila, con la diffusione di Internet, di “app” specifiche, di motori di ricerca dedicati, tutto è a portata di click. Ci si […]
[…] ultimi anni, con l’avvento di internet e del web, il concetto di musica è stato totalmente stravolto. Fino agli anni ’80, […]
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