di ANTONIO SPOSITO
“L’uomo a una dimensione”, opera di Herbert Marcuse, fu pubblicata nel 1964.
Marcuse è stato un filosofo tedesco appartenente alla Scuola di Francoforte che nel 1934 emigrò negli Stati Uniti per evitare il regime nazista. Nella sua analisi critica, dura, ruvida sulla società industriale avanzata, sia capitalista sia del socialismo reale, sostenne che quest’ultima riduce l’individuo ad una sola dimensione, quella del conformismo, del consumismo, dell’omologazione, soffocando il vero potenziale che può attivare il cambiamento rivoluzionario realizzando una libertà autentica.
La questione se l’analisi di Marcuse sia ancora attuale è complessa, può essere affrontata da diverse prospettive. Ecco alcuni punti chiave da considerare.
Marcuse critica la società tecnologica avanzata per aver creato una forma di “totalitarismo” che, seppur senza l’uso di violenza esplicita, controlla gli individui attraverso la manipolazione dei bisogni e dei desideri. Egli distingue tra “bisogni veri” (quelli che promuovono la libertà e lo sviluppo umano) e “bisogni falsi” (quelli imposti dall’esterno che perpetuano il sistema). Attraverso il consumismo la società industriale avanzata crea e reitera falsi bisogni inducendo gli individui a cercare soddisfazione in beni e servizi materiali che non contribuiscono al loro reale benessere.
Secondo Marcuse, la società industriale avanzata produce ciò che egli chiama “falsa coscienza”, un modo di pensare che accetta e giustifica il sistema esistente, impedendo alle persone di immaginare alternative. “L’uomo a una dimensione” è profondamente integrato nel sistema socioeconomico, ne è un ingranaggio, accetta e interiorizza i valori e le norme della società senza metterli in discussione. Il conformismo è rinforzato dai media, dalla pubblicità e dalle istituzioni educative che promuovono una visione del mondo favorente lo status quo.
Le capacità critiche dell’individuo sono soffocate. La società offre soluzioni tecnologiche ai problemi sociali, riducendo così la capacità delle persone di sfidare le strutture esistenti. Anche il linguaggio diventa uno strumento di controllo attraverso un vocabolario che normalizza l’ordine presente.
In realtà, la società tecnologica avanzata invece di liberare l’uomo reprime le sue autentiche possibilità di realizzazione, lo controlla, lo rende schiavo del sistema produttivo. Marcuse ritiene che la società industriale avanzata non possa cambiare se stessa, giacché è capace di assorbire e neutralizzare il dissenso. Tuttavia, egli intravede qualche speranza nei gruppi e negli individui che ancora mantengono una capacità critica in grado di sviluppare nuove forme di coscienza e di resistenza.
“L’uomo a una dimensione” ha avuto una notevole influenza sul pensiero radicale degli anni ’60 e ’70, ispirando movimenti di contestazione politica e sociale.
Attualità della critica di Marcuse
L’analisi di Marcuse, che ha descritto la società di sessant’anni or sono, è applicabile alla società postmoderna e postindustriale in cui si riscontra l’influenza ancor più pervasiva dei media digitali e dei “social network”, strumenti ambivalenti che favoriscono l’omologazione e la riduzione delle diversità di pensiero. Il “conformismo digitale” prodotto dagli algoritmi tende a creare bolle informative che rafforzano le opinioni esistenti. Ciò può essere visto come una continuazione della tendenza alla soppressione della critica evidenziata dallo stesso Marcuse.